Programma di Venerdì 18

V18ottore 19:00@Cafè di Spazio Teatro 89

Aperitivo

Discorsi indipendenti

POPOLI / Catastrofe o indipendenza? / Alfredo Tradardi (Ism)

Alfredo Tradardi, partecipa a due missioni di Action for Peace in Palestina nel 2001/2002. Insieme ad altri attivisti riesce ad arrivare il 31 marzo 2002 a Ramallah, mentre è in corso l’operazione Defensive Shield. Nello stesso anno partecipa alle campagne ISM di protezione dei contadini palestinesi durante la raccolta delle olive e a Rafah, nella striscia di Gaza, contro la demolizione delle case. Nel 2003 collabora ad organizzare in Palestina le tournée della compagnia Pippo Delbono con lo spettacolo Guerra, e del Coro Bajolese. Nel 2005 partecipa alla carovana da Strasburgo al ponte di Allenby, respinta brutalmente dalla polizia di frontiera israeliana. Nel 2006 costituisce insieme ad altri attivisti ISM-Italia, gruppo di supporto italiano dell’ISM palestinese. Nel 2009/2010 partecipa ai convogli VivaPalestina3 e Viva Palestina 5, diretti a Gaza.

La risoluzione 181 di partizione della Palestina storica, del 29 novembre 1947, era solo una raccomandazione, perché votata dall’Assemblea Generale dell’ONU e non dal Consiglio di Sicurezza. Le Nazioni Unite erano state costituite a San Francisco il 24 ottobre del 1945 ed erano costituite da circa 40 stati rispetto ai 193 attuali. Era una organizzazione allo statu nascenti che tutto avrebbe dovuto fare tranne che mettersi a creare stati. Tanto è vero che non si è mai ripetuta una vicenda di questo tipo.

Il sionismo aveva vinto, ed essendo un movimento coloniale di insediamento, con l’obiettivo, dichiarato dai suoi stessi padri fondatori, dell’espulsione dei nativi, vi si dedicò immediatamente. Dopo la risoluzione di partizione Ben Gurion si dedicò alla pulizia etnica della Palestina, che continua in modo strisciante ai nostri giorni, mentre a Gaza è in corso un genocidio. Basta leggere La pulizia etnica della Palestina di Ilan Pappe (Fazi editore 2008), uno storico israeliano antisionista. Quella che i palestinesi chiamano catastrofe o al-Nakba, gli israeliani la chiamano guerra di indipendenza, una dizione assai strana per un movimento coloniale. Avevano solo iniziato, in verità, a rendersi indipendenti dai nativi.

Non ci sarà una pace giusta e duratura se non verrà riconosciuto da Israele, e dai suoi complici occidentali (e arabi), il peccato originale della pulizia etnica.

La vera indipendenza per la Palestina passa per un processo di decolonizzazione, per uno stato unico, laico e democratico, in cui tutti possano convivere con pari diritti e accettato il diritto al ritorno dei profughi. Una decolonizzazione etica, senza che nessuno venga gettato in mare e costretto alla fuga, come avvenne nel ’47-’49 per i profughi palestinesi, i quali, secondo il diritto internazionale e la risoluzione 194, hanno il diritto di tornare nelle loro case e di recuperare o di essere risarciti delle loro proprietà delle quali sono stati derubati dai coloni ebrei.

ore 21:15@Teatro

Teatro La Madrugada

ERODIÀS

di Giovanni Testori

con Simone Lampis

Regia di Raul Iaiza

Produzione: Teatro La Madrugada in co-produzione con Regula Contra Regulam Teatro

Spazio scenico: Simone Lampis e Raul Iaiza

Sculture di scena e Scenotecnica: Simone Lampis

Costumi: Ana Maria Luisa Romano e Simone Lampis

Disegno luci: Paolo Casati e Teatro La Madrugada

Foto di scena: Andreina Conti, Macjei Zakrzewski

Musiche: Eleni Karaindrov, Franz Shubert, Zibiniev Preisner,Vic Chesnutt, Francesco Lozzia

Si ringraziano per la collaborazione artistica: Giampiero Corradi, Fausto Pro e Alessandro Zatta

Un attore col vestito della domenica, pronto a cominciare il suo spettacolo attende gli spettatori e si appresta ad officiare ancora una volta la sua recita bislacca. Ancora una volta si trasformerà, ancora una volta sarà attraversato. Ancora una volta gli toccherà danzare il suo demenzial tango. “I personaggi tragici, nel loro susseguirsi dentro l’arco dei tempi, non hanno avuto e non avranno mai altro significato che quello di ripetere, in termini diversi, lo stesso, antico, luminoso tentativo; la stessa , antica, luminosa bestemmia”.
Così Testori. Il suo personaggio è un’ Erodiade brianzola, concubina di Erode, sola con la testa – ormai prossima alla decomposizione – del Battista, davanti al pubblico chiamato alla recita.
Erodiàs rievoca, tra ricordi passati e presenti deliri, l’amore frustrato per il Giuàn, dalla sua prima apparizione alla reggia di Erode fino alla decapitazione: una storia di approcci, seduzioni, discorsi su Dio e sull’amore in cui lei è ripetutamente “refiutata, istante per istante”.
Man mano i toni perdono le sfumature umoristiche e si fanno sempre più tragici: Erodiàs è prigioniera del ricordo, dei rimorsi e dei dubbi che le parole di Giovanni hanno lasciato in lei. Vorrebbe suicidarsi, uscire di scena, farla finita, ma le uniche parole che riesce a strappare a ciò che resta di Giuàn la condannano all’attesa:
“Speciar l’è l’uniga manera, o mia regina de Lasnig et anca filandera, per in della norma, eccota, tornare. E, insci’, un quei di’ ammo’ chi, in ‘sta lacrimarum valle, eccota, vivare.”
L’attore, come Erodiàs, è condannato, condannato alla ripetizione della parte. Di questo chiede più volte conto all’autore: “Come la mettiam, o mio scrivan? Cosa succed mo’, chi? Cosa chi, ‘des? Chi ‘des e insci?”
“[I personaggi tragici] occupano il tempo e lo spazio loro concesso per riempire spazio e tempo, non delle loro storie, ma dei loro insolubili tentativi di ‘verbalizzazione’. Quando, per quella via, lo spazio s’è tutto stipato (sia esso quello della pagina, sia invece quello del palcoscenico) e, per fatale connessione, il tempo tutto esaurito (sia quello della lettura, sia invece quello della rappresentazione), il personaggio tragico cade nella trappola della fine e si spegne per sempre […]”.
L’attore è come la macchia di sangue sul tavolo di quel quadro di Francis Bacon che Testori amava tanto, di cui ci ha parlato nella serie di incontri tenuti al Teatro Out-Off di Milano, nell’ottobre ’88.
“Quale parola dice questo sangue? Tolti tutti gli addobbi, tolte tutte le malie che non hanno niente a che vedere col teatro, tolte tutte le regie, tolte tutte le interpretazioni, cosa dice quella macchia di sangue lì? E può il teatro prescindere da quella macchia?” Autore, attore, personaggio, spettatori…il gioco del teatro teatralizzato, della vita e del teatro, dell’arte e della vita , insaziabile e onnivoro marchingegno che tutto divora, confonde e annienta i termini. E’ grazie alla magia della scrittura di Testori che le variabili del gioco si ricompongono, nella meravigliosa e oscillante sintesi di quest’opera.

Simone Lampis

Gli incisi in corsivo sono tratti da: G.Testori, Il ventre del teatro, in “Paragone. Letteratura”, Nuova serie – 40, giugno 1968, n.220, pp.93-10

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